L'esperienza della sofferenza non gode mai della consolazione dell'oblìo. Essa è sempre lì, presente, a ricordarti ciò che hai subìto e visto subìre, e non ti abbandona più. E tu non sarai mai più la stessa persona, forse migliore o forse peggiore, ma mai più quella di prima.
Quando siamo bambini, giustamente vivaci, gli adulti ci sgridano: fermo, educato, ubbidisci, taci, seduto, saluta, ringrazia, studia, vai a letto, scusati, ci vogliono insomma perfetti piccoli adulti. Quando, finalmente adulti, siamo depressi, repressi, inespressi, compressi, con le unghie mangiate fino alle falangi, scontenti e pieni di tic, ecco che veniamo esortati caldamente, se vogliamo stare meglio, a "cercare il bambino che c'è in noi".