Cercando Emma
Chi non conosce Madame Bovary?
Emma è la nostra vicina di casa, è l'alter ego allo specchio. E' l'umorale, l'amorale, la volubile signora che tradisce suo marito, che non bada alla casa, che non ama sua figlia. Emma è tutto ciò che vi è di più disprezzabile in una donna. Eppure. Da sempre siamo attratti da lei, dal nulla che pare abitarla. 'Madame Bovary sono io', disse Gustave Flaubert, consapevole che tutto ciò che odiava in Emma era in realtà una proeizione di sé.
Da sempre, lo scrittore sosteneva che nei romanzi non dovesse esserci nulla di 'puramente personale': essi dovevano solo riflettere la vita, attraverso le accurate parole dei loro autori. In 'Cercando Emma', edito quasi vent'anni fa da Rizzoli e mirabilmente scritto da Dacia Maraini, Emma è certamente Flaubert, a dispetto di quanto egli asseriva a proposito dello sguardo 'neutro' dello scrittore.
Flaubert fu un disgustato amatore di donne, nonostante (e forse proprio) a causa del suo aspetto poco attraente; compensava con l'intelligenza e la seduttività le scarse doti fisiche, tanto da amare anche uomini, di tanto in tanto, così come racconta in certe lettere spedite nel corso dei suoi viaggi in Oriente. Era legato alla madre a doppio filo, tanto da non poter assumere altri impegni, di nessun genere, con nessuna donna. E forse sua madre fu il suo alibi più feroce, utile a dissimulare la sua incapacità di vivere fino in fondo i rapporti. Annoiato dalla sua stessa vita, da chiunque incontrasse, ogni cosa per lui finiva, si spegneva, conclusa la fase gratuita. Così anche con Louise Colet, in cui numerosissimi sono i tratti in comune con Emma Bovary: era sposata e Gustave fu uno dei suoi innumerevoli amanti. Aveva una figlia che portava con sé a ogni incontro galante, proprio come Emma.
Dunque cosa desiderò in Louise, Flaubert? Ciò che di sé aborriva? E davvero, come sostiene la Maraini, la 'usò' per disegnare il personaggio della protagonista del suo romanzo più famoso? Gli serviva un altro Gustave, al femminile, da contemplare all'esterno, nell'ottica di quella neutralità sempre sbandierata? Meticoloso, preciso, volle solo un 'modello' per dipingere la mediocrità. Conclusa la stesura di 'Madame Bovary', salutò Louise dopo otto anni di ambivalente, altalenante amore, che sbollì, in un attimo, nel nulla.
"Che atroce lavoro, che noia! Ah, la Bovary! Scrivere bene il mediocre e fare in modo che conservi nello stesso tempo il suo aspetto, il suo taglio, questo è veramente diabolico", confessò a Louise in una delle sue tante lettere. Perché, infine, la vituperata Emma altro non era che una donna banale, incapace di sentimenti profondi, annoiata dalla vita esattamente come il suo autore. Il quale, forse, tentava di sfuggire alle leggi generali scrivendo, viaggiando, evitando ogni relazione profonda e, soprattutto, quella parte di sé che vedeva così bene in Louise e che descrisse, disgustato, in Emma.
BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
182 pagine