I mascalzoni
Il male paga? Metti una città di provincia, una piazza, una moto truccata, tre balordi che formano una banda (I Mascalzoni appunto) e un assistente sociale che tenta di redimerli. Da questo banale scorcio di un’Italia sofferente nasce l’epopea di Piero Grazioli detto il Grosso, incredibilmente asceso da incubo vivente di compagni di classe e professori a stimatissimo personaggio di spicco del panorama politico italiano. Il Grosso non ha amici, non teme nessuno o quasi, non sente di dover niente neanche a sua madre, residuo di una famiglia annullata dal suicidio del padre; non accetta il bene come valore fondante della società, né riconosce subito l’amore negli occhi adoranti di Melissa, che al contrario sa vedere oltre quella coltre di pece e diventa artefice in una sorta di redenzione. Gli altri due membri del sodalizio, Tiziano Garzoni e Matteo Molteni, stretti al capo in virtù di un patto inviolabile, non avranno la stessa fortuna di Piero, e usciranno tragicamente di scena, in tempi e modi diversi. Ovviamente non esiste la famiglia come punto di riferimento e come referente culturale, la scuola è solo un pollaio dove procurarsi vittime da seviziare; tutti, buoni o cattivi, sono profondamente soli davanti a un destino ineluttabile.
Leggendo -tutto d’un fiato- questo gustoso romanzo si rischia addirittura di pensare che, in fondo, il male conviene, che i famigerati bulli sono in realtà geniali imprenditori di se stessi in erba, e che la coscienza si può anche lavare, basta usare i prodotti giusti al momento opportuno. Nonostante l’avvertenza iniziale dell’autore circa la pura casualità di qualsivoglia riferimento a fatti e persone, ognuno è istintivamente portato a riconoscere in questo o quel personaggio i tratti salienti dei tipi umani stigmatizzati dalla peggior cronaca dei nostri giorni. Ecco allora che un guizzo, un atteggiamento, un’atmosfera spesso non piacevole rievocano l’arroganza che offende la mitezza, la spregiudicatezza e la crudeltà, l’assenza di rimorso e la rassegnazione, come in una giostra degli orrori lanciata all’infinito.
Una trama molto ben strutturata e un registro a tratti lirico fanno del lavoro di Omar Gamba un vero e proprio romanzo di formazione, nobilitato da un’attenta ricerca sulla psicologia dei personaggi, da una accorata e sana critica ai moderni protocolli di cura del disagio sociale e familiare, e dalla presenza costante nel testo di domande incalzanti rivolte ai lettori, chiamati a condividere emotivamente le sorti del Grosso e di un’intera generazione.
Runde Taarn
142 pagine