In guerra non ci sono mai stato
“In guerra non ci sono mai stato” è l’opera seconda del giovane poeta latinense Daniele Campanari, un’opera fresca, nuova, che ha qualcosa da dire, e nel panorama poetico contemporaneo non è certo da sottovalutare.
Le prime liriche si aprono agli occhi del lettore come una telecamera, che scruta, supervisiona, osserva – a volte a distanza a volte divenendo essa stessa partecipe – degli sguardi, di un cammino, di quel circolo vizioso, ma allo stesso tempo fiabesco che si sporca le mani di rosso: ah, l’amore!
“La storia comincia/ quando finisce/ comincia coi racconti/ di quel che stato/ l’oratore davanti al fuoco/ e due orecchie all’ascolto […]”.
Campanari non fa altro che raccontarci storie…storie per dialogare, storie per sorprendere, storie per educare, storie per corteggiare l’amore, storie distanti, storie che raccontano altre storie, storie senza tempo: tra il verde brulicare dei monti e il crepitio di una luce al neon avvitata con troppa fretta, e scoppiata con quella stessa troppa facilità in una stanza di un motel, luogo di passioni.
E ancora il giovane poeta affida i suoi versi allo sguardo: “tu c’hai il veleno/ te lo leggo negli occhi/ c’hai un romanzo gobbo negli occhi […]”, anche Hume affidava una sua celebre citazione allo sguardo che è motore della mente, lui affermava nella versione originale che “Beauty in things exists merely in the mind which contemplates them”, ovvero che “La bellezza delle cose esiste soltanto nella mente che li contempla” ed è proprio così che sia David sia Daniele attraverso il corpo della parola osservano il mondo: “guardati intorno e/ vedila la bellezza del cane […] vedili gli alberi che crescono su rettangoli murati/ vedile le passeggiate/ a memorizzare/ le insegne dei negozi […] e vedila l’ombra/ che ti accompagna/ danza con lei/ perché le punte dei piedi/ fanno arrivare in alto […]”.
E aggiungo, fanno scalare montagne, fanno vivere, ma non per il semplice fatto di esserci, ma per quelle bellezze remote che racchiudono delle cose apparentemente insignificanti della vita: come un cieco a leggere poesia, come un sordo a udire il più sordo dei rumori, come un paraplegico ad osservare la corsa, la sua corsa, fatta con altre gambe.
Così le parole, così la poesia: unica, sola, molesta, condivisa, dalla mia, dalla tua, dalla nostra bocca, per sempre parole “[…] per raccontare ottant’anni di vita/ per raccontare ottant’anni d’amore […] “.
Lettere Animate
179 pagine