La contrada dei tagliatori di pietra
È il 1901. Teresa è una ventenne bionda e passionale, corteggiatissima, che vive nella zona di confine tra il Veneto e il Trentino Alto Adige, sull'Altopiano dei Sette Comuni sulle Alpi vicentine, nella contrada dei tagliatori di pietra (Stoner). Il centro principale dell'Altopiano è Asiago, il più vicino alla contrada è Enego, di cui Stoner fa parte; gli altri Comuni sono Lusiana, Roana, Rotzo, Gallio, Foza e Conco. Nel 1901, all'inizio del libro, Teresa è a pochi giorni dal matrimonio con Rodolfo, ma un incontro cambia il suo destino: è accanto a Meni, il narratore, che lei deve stare.
Si impiantano qui le radici di Flavia Guzzo, autrice de “La contrada dei tagliatori di pietra” (ed. Rigoni di Asiago, 2017), disponibile on line sia in e-book sia in versione cartacea. Teresa e Meni sono i suoi bisnonni, uno dei loro otto figli, Angelo, è suo nonno. Come spiegato in un brevissimo prologo, Flavia Guzzo racconta la loro e quindi la sua storia in poco più di trecento, toccanti pagine.
Teresa e Meni iniziano la loro vita a Casaravecia, con i fratelli di Meni e le loro famiglie: una casa animata da un plotone di bambini, di cui nella lettura si perde il conto. Mentre la loro quotidianità avanza placida nelle lande aspre e dolci dell'Altopiano, in altre case, in altre comunità, a tantissimi chilometri di distanza, si muovono piccoli frammenti della grande frana della Storia, che, prima quasi impercettibilmente e poi sempre più rapidamente, travolge anche la loro vita.
La prima Guerra Mondiale viene a sconvolgere la tranquillità dell'Altopiano e della contrada. La narrazione, onnisciente ma mai anticipatrice, non allenta mai la presa sull'esattezza storica, ma allo stesso tempo non trascura di manifestare empatia verso i travolti.
Il lettore si è già affezionato a questi luoghi, quando iniziano a essere minacciati dai nemici; sente i tuoni dei cannoni anche a libro chiuso, esclama un vaca boia anche al semaforo rosso. “La contrada dei tagliatori di pietra” cattura la mente con la dolcezza disarmante di un racconto al termine del pranzo di Natale, quando si alternano con nostalgia gli aneddoti più divertenti a quelli più logoranti. Come quando la cura maniacale dell'orto è sembrata l'unica arma contro la guerra, di difendere la normalità dalla minaccia di distruzione. O come quando il Governo ha programmato lo sfollamento in Sicilia per tutta la comunità di frontiera: in cinquantasette decideranno di scendere a Campobasso per salvare la vita di Teresa, duramente messa alla prova da una nuova gravidanza e dalle difficoltà del tempo di guerra.
Alla fine del romanzo e della sua compagnia – estremamente piacevole nonostante l'argomento sia molto impegnativo – il lettore è così vicino alla comunità di Teresa che sente su di sé lutti e sfortune, si solleva negli amori a lieto fine e piange quando sui disertori si accanisce il cinismo della vita, o quando i personaggi hanno ormai perso “il lusso di poter manifestare il dolore”.
Consigliato a chi ama le saghe famigliari e i romanzi storici.
Rigoni di Asiago
351 pagine