Nella foresta della memoria
Ardito collage di ricordi personali intensificati da libere associazioni a frammenti illustri, “Nella foresta della memoria” di Matteo Cammisa è un piccolo e scuro diario intimo reso pubblico dal suo autocritico scrittore. Più di 40 componimenti poetici, a volte d’ungarettiana brevità (“Fine”, “Lacrima”, “Impression”), ma anche in forma di prosa spontaneamente fluita sul foglio (“Ricordo d’amore”) o di ballata neoavanguardistica (“Senza titolo”, quasi un salmo dissacratorio recante in sé la formula ripetuta «mangiate caccolette subdole e insensate»), gli scritti di Cammisa costituiscono le tappe di un doloroso percorso nella persistenza del proprio dolore - della memoria, appunto, parafrasando il celebre quadro di Salvador Dalì. Le stazioni di questa “via crucis” al sapore di vino, fra aloni di luci notturne e antichi odori, sono tre: L’Abbandono, sincera e disarmante presa di coscienza dell’umano soffrire; L’Eros, arduo confronto con l’indescrivibilità della passione; Alexandra Ginsberg, sequenza di impressioni sulla Femminilità attraverso il gioco di specchi fra diverse identità di donna. Cammisa scrive e riscrive, intorno, sopra, usando il suo libro come un muro di periferia: per farvi sedimentare la vita come, forse, l’ha sentita posarsi su di sé, nell’eterna e lacerante ricerca del poeta che fa suo il postulato: «chi già possiede vuole avere». La poesia stessa è eternità, ricorda l’autore citando Rimbaud in postfazione: perpetua, incancellabile, come i segni lasciati sull’intonaco consunto, mai stanco di ospitarne pur lasciando spazio a quelli vecchi. E allora Cammisa, neo-compositore maledetto, graffitaro dell’inconscio, si lascia esplorare con qualcosa di simile alla distrazione: senza pensarci, solo sentendo, agendo la parola poetica, incurante della curiosità, dell’odio o dell’amore che potrebbe scatenare.
Living
960 pagine
8897628028