Non lasciate che uccidano i poeti
È vento di libeccio, caldo e sabbioso ma anche umido e messaggero di pioggia, o vento di maestrale, freddo e portatore di mareggiate il verso libero che ti solleva e ti conduce in sospensione di pensieri tra anfratti ed imperscrutabili fenditure, ataviche ignote profondità dove luce e respiro hanno vita propria nella poesia, nella sensibilità del poeta. È la poetica dell'ascolto del silenzio (ovvero, bisogno di poesia) quella di Stefano Colli, alla sua prima raccolta con "Non lasciate che uccidano i poeti", una silloge di cinquanta liriche inserita nella Collana di poesia "Anamorfosi" Edizioni Tracce, che vivono di ispirazione del silenzio della notte. Questo poeta toscano, amante ed insegnante di filosofia padroneggia il verso quale esperto prodiere che ama e teme il mare quando il vento la fa da padrone: "Ho sempre ascoltato il canto del mare/ quell'andarsene a spasso per il mondo/ ...Il mare mi rese poeta/ e per questo lo ringrazio". Ed ecco la poesia immergersi, infrangersi per poi volare, spaziare tra "Incanto di Donna" in versi sciolti che incarnano sensuali, ambite emozioni e "Nudo come la notte" ("Immagino il tuo corpo di ventenne/... /Scrivo questi versi prima che fuggano/ come desideri mossi dal vento").
Diviene inno, quasi preghiera, mancato respiro la poesia, quando è "Il colore della vita" e "assai più gelido è l'attimo/ che ti risucchia nell'ignoto". Bellissima ed inquietante lirica con la quale il poeta Colli dà voce a chi non sarà mai dato gioire del prodigioso incanto del nascere ma ecco che con la poesia "vivrà", protagonista eterno, quasi a voler rendere giustizia, leggerezza ai suoi affanni e nella chiusa colpisce ed affonda, l'eterno rimorso: "Leggero è il silenzio/ dei miei affanni, troppo pesante la zavorra/ di chi ha giocato a dadi con la vita". Il poeta descrive il suo tempo: storie, accadimenti, problemi sociali, e lo fa attraverso "un vizio assurdo": "La poesia è il tuo vizio, assurdo/ in un'epoca la cui essenza/ è rumore:camaleonte dei nostri tempi,/ penetri l'identico in varietà multiformi". Il poeta la ama, la poesia, per lui è vita; se così non fosse la pioggia non avrebbe parole: "Non fa rumore/ la pioggia quando bussa/ con le sue parole fradice di terra". È ricorrente la pioggia, nella poesia del Colli, quasi a voler lavare le impurità della Terra. Ed ecco il poeta attingere ai tramonti sul mare ("Ammirare il mare verso sera/ è sfogliare le pagine dell'ignoto"), ai silenzi della notte ("Nel silenzio della notte o quando/l abili ombre accenna la sera/ si dice che nasca una poesia"), alle tinte dell'autunno ("L'alloro può solo attendere/ la solenne pietà dell'incipiente/ autunno. E placida veglia la luna") per far giungere al lettore profumi, colori. E il poeta sa anche come far riaffiorare l'attimo nel rievocare tragici eventi con la pietà della parola nelle poesie "dedicate" a: Yara Gambirasio in "Sorriso di Bambina"; alle vittime della strage alla stazione di Bologna e alle loro famiglie in "2 Agosto, ore 10.25"; ed ancora a Marco Simoncelli in "Eppure Correvamo Felici"; alle vittime della Shoah in "Il Fornaio di Dachau"; a Pier Paolo Pasolini in "Non lasciate che uccidano i poeti", l'intensa lirica che lancia un grido al mondo ("Non lasciate che vincano i rimpianti/ finché il futuro donerà domande/ libere dalla boria dei profeti").
C'è un affascinante viaggio da percorrere tra le pagine della poesia e Stefano Colli ci accompagna con le parole che "scrutano gli occhi della notte/ e fanno rumore quando sfidano la luna/ che sbircia discreta i nostri sogni".
Tracce
88 pagine