La mattina scivola
sul brusio degli impiegati negli uffici,
sul frastuono del traffico cittadino.
Ho ancora nelle orecchie,
e più nel cuore,
il pianto di mio figlio
che mi vuole e mi cerca.
Scendo di corsa dall’automobile,
il tacco vacilla,
la gonna leggermente si solleva.
Il marciapiede conta i miei passi veloci
e sono presa dalla frenesia del fare.
Mi volto.
Riflessa in una vetrina
l’immagine mia non riconosco:
neppure ricordavo
di essere una donna.
28 dicembre 2005
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