A mio padre

Dove sei Jair?
Che non puoi più spiegarmi i segreti della vita.
Dove sei?
Che non sento più i tuo dialogare con il tempo.
Nei miei ricordi, forse?
Forse in quelli di una infanzia lontana
ma che ancora oggi,
sento che mi danno la giusta spinta
per affrontare le sfide della vita.
Oggi non rispondi più alle mie domande.
Saudade!
Ma ti sento ancora partecipe nel silenzio
dei miei momenti creativi,
quando seminando una pianta
o aggiustando un attrezzo da lavoro,
Sorrido!
E mi dico, con gioia nel cuore,
"sono figlia di mio padre".
Mi diverto a pensare che stai qui vicino a me
a guidarmi ancora,
ad insegnarmi com'è bello essere creativi e curiosi.
Allora penso che in un certo modo,
continui attraverso me,
a perpetrare la genialità che avevi un tempo.
Forse essa sia anche quella di tuo padre,
di tua madre o dei tuoi avi,
arricchita ad ogni generazione.
Potevo imparare ancora tanto da te
ma allora non capivo il quanto eri prezioso
e per quanto poco tempo ti avrei avuto vicino.
Ti ho lasciato troppo presto forse?
Senza darti il tempo necessario
per capire che la tua bambina era cresciuta?
Forse.
Mi lasciasti andare, con dolore ma con amore,
come solo un padre sa fare.
Con il dolore della perdita
ma con la fiducia nella tua creatura
tanto amata ma libera di volare.
Fu come un parto.
Il parto del padre.
Mi hai partorita proprio in quel momento.
In quel Terminal di aeroporto pieno di gente.
Ma per un attimo, c'eravamo solo noi due,
un abbraccio, gli sguardi e le lacrime.
In quel momento per noi, il tempo si è fermato
e non abbiamo più vissuto il reciproco invecchiare.
Qui, lontana da casa nostra,
ho capito che l'amore vero che ci lega,
non risente dello spazio, né del tempo.
E oggi, so che va oltre la vita stessa.
È ovunque e per sempre.
Grazie papà.