Abbandonata

Poco brillante e lo sguardo spento,
l’ostilità del tempo appariscente,
velato e lento il suo nativo acume;
è quel che fu d’una bella donna,
ritrovatasi sola e solamente nonna.
Quasi più nulla della sposa ch’era,
madre esemplare, fine e premurosa.
Pena il capriccio d’un’età distorta:
quarant’anni consumati insieme
e a settanta: io non t’amo più.
Pugnalata l’aorta, la vita cancellata,
come un tornado che s’abbatte giù.
Pulsioni estreme al suon d’una risata,
la confusion dell’anno con un giorno,
il genitor che chiude in buffonata.
Il divenir che manca del contorno
ch’annienta ragion e realtà snatura;
l’illusorio vigore divenuto attacco
che il valore antico trasfigura.
Paradisi di carta e pueril distacco.
Questo è un canto per la delusione,
è il lamento d’un amico affranto,
un tormento offerto all’illusione,
questa è un’ode forte come il pianto.