Al mio maestro Peppino
Cinquanta d’anni ne son già trascorsi
e sentieri impervi tanti ne ho percorsi
così come puranco, assai di rado,
varcato,serenamente,ho qualche guado.
Ma sia che tempesta o bonaccia fosse
giammai lo pensier mio da te si mosse
e, per i ricordi del tuo grande affetto
t’hò, piacevolmente, tenuto nel mio petto.
Rivedo il lungo, dolce viso sorridente
in quell’amabile fare accattivante;
ricordo quel primo assai felice incontro
che ai timori miei non fu riscontro.
Avvenne il quinto giorno di lezione
che perdemmo con “Turuzzo” la ragione;
ci accapigliammo come due leoni
per la macchia d’inchiostro sui calzoni.
Mettesti me sulla coscia destra
“Turuzzo” lo ponesti sulla sinistra
e facesti che morisse quel rancore
donandoci il sorriso del tuo amore.
Stretti ci trovammo in un abbraccio
mentre le lacrime solcavano le facce.
Una carezza ancora,un bacio in fronte
e fummo alla lavagna a far la conta.
Questo il primo insegnamento che mi desti,
tant’altri mano a mano ne seguisti
e lo facesti con la nobile arte
che dello spirito tuo faceva parte.
Il senso di Dio nascere mi facesti.
di Colui che dal nulla creò i Corpi celesti;
di Chi tutto sa ,tutto conosce e vede
e dona vita eterna a chi Gli crede.
Nacque,così,nell’alma mia la volontà
di pregarlo e venerarlo in umiltà.
Questo il buon seme che mi regalasti
dacchè con pazienza e amore mi seguisti.
Presto il seme maturò buon frutto
tanto che ad esso da allora devo tutto.
Infondendo con la bontà l’amore in petto
dell’essere mio facesti un uomo retto.
Oprare potevi solo tu questo prodigio
col dire e il fare nel contegno ligio.
Grazie,caro maestro mio, Grande maestro;
per tutto questo, grazie mio caro Maestro.