Bacco

Vado a passo brado ad alto tasso d’alcool:
lo sguardo stanco, vacuo, tasto antro e anfratto,
appaio pazzo, vago rapido fra muri e marmo che inquadro,
ma cado di naso, molto più ubriaco fradicio che mago,
mi sfascio il cranio, rado raso il capo,
resto steso per un pezzo sull’asfalto bagnato
lercio come un cane sguercio abbandonato!

E poi m’incammino, m’inchino
ad ogni lampione mio amico
che m’illumina la strada,
m’indica la via ch’è lastricata di vino,
e più vado avanti e più i miei passi stanchi
sono massi grassi che a stento trascino!
Sento che ho bisogno ancora di vino, ancora di mirto,
è fitto d’insidie il cammino, irto di spine, sto zitto,
se il saggio indica la luna io non guardo mica il dito,
ma miro e m’irrito perché il mio limpido nettare divino è finito!
Mi dispero, mi celo, e m’arrampico
su un cancello amaranto di ferro antico,
impreco contro il cielo, un qualsiasi dio Greco
ed il solito bieco che mi chiama Dioniso!

Io non sono Dioniso ne Iacco,
sono figlio dei romani,
fra le mie mani
sorge uva di vino bianco!

Le mie vene sono piene
di vino e sangue rosso che
scende dalle tempie, rende queste sere vere!
Questa sera resta che
il mio corpo è un tempio, i chicchi d’uva stelle per te!

Sputo, poi uno starnuto poi rubo
un fiore canuto, caduto da un rovo di gigli,
lo piego tre volte e lo lego in un minuto
attorno ai suoi capelli biondo‐vermigli
lei ride, mi guarda in faccia, fa due sbadigli,
fa una boccaccia, io ho la bocca acida,
la notte gracida come una rana flaccida
spiaccicata in uno stagno di birra rancida!
La mia pancia da segni di cedimento,
ricado secco sul cemento freddo, non mi riprendo,
lei mi alza, mi rincalza, mi stringe fra le braccia,
vicino al suo caldo petto,
mi sento stretto come un insetto in trappola
nella morsa tragica di una pianta carnivora, ma
è così dolce che s’è questa la morte
io vorrei riviverla …

“O mia bambola questa nottata non passerà in fretta,
aspetta, ho da farti una promessa, resta…
Resta con me e resterai per sempre
la donna di un dio con l’uva alle tempie,
nelle tende delle terre dove è perennemente
periodo buono per le vendemmie,
nelle lande dove gocciola vino buono dalle stelle!”

Le mie vene sono piene
di vino e sangue rosso che
scende dalle tempie, rende queste sere vere!
Questa sera resta che
il mio corpo è un tempio, i chicchi d’uva stelle per te!

Mi desto e mi sento morto e rotto:
il giorno dopo è sempre un botto.
Il suo corpo contorto e nudo mi è nuovo,
il suo volto buono che sorride un poco
mi sfiora un lobo, non le rompo il sonno…
La dea che mi giace affianco io non la conosco,
e neanche il posto mi dice niente,
ma c’è odore di mosto ed io mi sento un mostro,
un po’ strano, un po’ stanco,
mi giro dall’altro lato sull’altro fianco,
mentre ricompongono la notte che ho scomposto
a furia di vino bianco, di vino rosso…

Lei si sveglia, mi guarda e mi gira dalla sua parte,
mi parla piano, mi chiama già amore, ma io non ho partner,
le svelo la bella magia, mentre sembra cominciare a piangere
le confido in segreto che è la solita bugia che racconto a tante…

Le mie vene sono piene
di vino e sangue rosso che
scende dalle tempie, rende queste sere vere!
Questa sera resta che
il mio corpo è un tempio, i chicchi d’uva stelle per te!