Cento 12
E' doglia d'estate questa luce che ancora non spegne,
non tace, che strepita agli occhi come fossero balie.
Sta già arrivando, spiccando, muovendomi dai fondi
d'inverno in penombra dove io stavo dentro con
incastro di tana. Io vivo di nidi che non fanno fragore,
di coperte che tirano ai sogni calci di lana.
Io vivo così e tu mi scuoti, mi inviti a darti del
mio ventre la via perchè possa trovarti a
metà dell'innesto che ancora mancava.
Ma io non devo darti più niente: se palpito,
grido, se dalle labbra apro la serra dove sono seccata,
viene fiorendo soltanto il tuo nome.
Non ho altro se non la tua radice e scava uno spazio di madre
che nessuno poteva vangare.