Cento 48

Le parole non finiscono in pausa, stanno
sui binari in eterna partenza. Anche le terzine
di consonanti litigiose affiancate senza il tendine
delle vocali fanno un organo, un osso ed un'arteria.
Non smetterò mai di pregarle: vorrei edicole gravide
di parole lungo le strade e dita prostrate e rosari.
Le parole mi hanno dato il tuo miracolo.
Credevi  che vi fosse un'altra Chiesa? O forse
un salario che ci retribuisse meglio di loro?
Sono nostre figlie: tu pettini loro le code nere,
assicuri loro i bottoni, io ogni tanto lavo loro il viso
e come spannassi uno specchio, ti leggo lì sotto.
Le parole non ci lasceranno: sono forzieri per cui
non serve la forza, destrieri in corsa da destra a
sinistra, treni su cui io e te sappiamo salire.
Così ci siamo trovati, fianco a fianco, nello
stesso scomparto con due valigie identiche:
sangue e poesia, sangue e stenti.
Per questo ci amiamo: noi abbiamo la nostra
progenie di versi che ci prepara il letto, che ci
accudirà da vecchi quando la mano si sveglierà
solo per un istante a chiedere se le parole sono rientrate.