Cento 5
Non so quanto peso, quanto poso, di quanta
altezza è fatta la mia carne, di quanti anni
il mio stelo che oscilla a ricordare la direzione,
ma mai al vento una curva che mi escluda dal fianco.
Non so se dalla tua ronda verrò via con mano ardita,
sfiorita, perduta, se sono io il mormorio che non dice,
se questa croce di cento giorni e una spanna ci
affranca o ci affigge a neri roveti di versi, a galee arrembate.
Non so se chiamare bella la mia anima quanto le tue dita
che ne impalmano i ceppi vergini
seminandoli con l'accortezza del maglio.
Io solo sento che quando mi tessi, dimentico
di avere solo contorni.
Così aspetto che tu morda dal filo la mia acerba,
inconsistente facciata, inventandomi piena.