Cento 50
Il terzo giorno non sorgerò, inutile aspettare la festa,
prenotare sul ciglio della strada un becco di panorama.
Sono un Lazzaro disobbediente, un infermo gaudente
nella posa che lo fa tegola di un nuovo dolore, un'insana
ostentazione del malanno annunciato.Il terzo giorno
sarà un abracadabra pronunciato da un balbuziente,
un podio che aspetta lo zoppo. Non fate ressa e
non tenete i confetti accecati nel tulle spinoso,
piuttosto mettete una guaina al sorriso, chiudetelo
accortamente in un momento qualunque.
Gesticolate poco e di nascosto: guai dovessi
sorprendervi a benedire quel pasto. Mi conoscete:
non so dire bene il mio male, piuttosto lo mimo
e sembro una mantide prima del morso.
Mi conoscete, o forse no: ho una novità
incartata come un feto lo è dalla pancia.
Ha un cuore che pare d'avorio, ma vorrei
avesse zanne per mangiare alla vita
il bolo rubato. Ha una bocca che fa
dire alle mani cose che mai saprò più belle.
Il terzo giorno non sorgerò, ma portate al suo
cospetto la mia pagina come sudario: che sappia,
grazie a lui, quante volte non sono morta.