Cento 53
Ho un camerino al posto del cuore: conto
parrucche più che canarini squillanti di sentire,
si imbellettano da usignoli ingobbite civette,
provano la morte lingue pagliacce e sguardi
da bottegai artritici. Lo specchio è un'aiuola
in cui ho perso conoscenza. So che hanno
lasciato incustodito un copione a cui, volendo,
il battito potrebbe ispirarsi, non tutti i giorni,
ma almeno quelli glabri di sonno.
So che è un canovaccio complesso di arabeschi
e sfortune, un alterco di date, capelli, di sogni
schiantati nella cruna di un boia. Ho una
replica al posto del passato ed in programma
un cartellone di battute rimandate. Ma amo
quell'attore che sta in disparte, che sembra
dire bene quando non dice, che tace
magnificamente, che quando affonda le parole,
sono strali che lievitano un pane. Io vorrei
dare a lui tutta la scena, dedicargli i trucchi ed
il sipario, incidergli il nome sulla porta a cui
busserò con la felicità che aspetta per congratularsi.