Cento 57
Hanno legato al mio cuore la
mano dietro la schiena: è mancino
e disturba quando scrive, urtando
chi è retto. Dovrebbe essere destrorso,
non estroso, giammai rissoso. E poi
non ha un destriero,è goffo e disarcionato.
Neanche è un purosangue, piuttosto un
meticcio, un innesto e sbranato.
Allora ho chiesto aiuto al fegato, ma lui
non vuol sapere niente di riti e roghi e poi
confonde sempre la bile con l'inchiostro.
Ed il mio ventre allora? Non sa ospitare una
culla, figuriamoci una cordata di crampi
iniettati dalle vocali avvolte all'intestino.
Allora ho bussato alle gambe, ma loro
sono ingessate da vecchie e cadute.
Il mio collo, invece, è analfabeta:
un Pilato che sta bene sotto la testa
e le lascia il giudizio, lavandosene le vene.
Hanno legato al mio cuore la mano
dietro la schiena, e la penna è morta
da qualche parte, fra il banco e domani.
Farà tanti esercizi per imparare la postura,
la forca e l'astinenza: avrà il battito
come sussidiario, il silenzio per precettore,
forse un infarto come lavagna.
Ma nessuno dovrà più aspettarsi vasi di versi.
Un giorno rigurgiterò le parole dagli occhi:
piccoli aborti neri come spezie, usate quanto basta.
Feti ancora informi che chi uccise credeva infermi.