Cento 60
Non so quante cose debba ancora sbagliare
per essere retta, per somigliare alla folla,
alla tribale assonanza dei gusti, dei mosti,
delle essenze. Forse dovrei slacciare meglio
le caviglie dai pensieri,la pelle dall'antefatto
del cuore che quasi sempre confessa dopo
la terza domanda e, condannato, fa più
bella figura. Forse dovrei sistemare meglio
le ossa, che così fanno troppo rumore,
giunture poco disinvolte e di natura scansate
dal riposo di cui godono i giusti. Forse dovrei
lisciare meglio le grinze della mia mente, imbarattolarle,
sezionarle, chiuderle e farne conserva e monito
per i futuri avventori. Va bene, adesso basta,
metto nuovamente a letto le parole: hanno dormito
senza dimenticare e solleticate dalla mia smania,
sono sbucate solo per un breve buongiorno.
E la stagione è già cambiata, senza cambiarle.