Cento 70
Quanti rappezzi, quanti rattoppi, piallature e stondature
fanno la mia carne: qui cadde Maggio e lì, poco oltre,
sta ancora disarcionata la gentile baldanza di Aprile.
Ho trovato anche la goccia di sangue che versarono
due settimane d'inverno mai nate. E poi ho aperto
la botola degli ultimi finimenti: gualdrappe, sellaggi,
mostrine, alamari, ogni cosa al suo posto per ornare
la stagione più vuota. Lo specchio corteggia la luce
e, abbagliando, nasconde il difetto.Credevo fosse
questa la vita, invece è solo vedovanza, follia, marciume
che si imbelletta per fare parte del conto, ma senza sostanza.
Quante cuciture di neve mi fanno le ossa, che come si infebbra
il dolore, mi piego, mi stendo, mi abbatto.
Ma nel mio inventario di niente, sta solo sicura
e salda una cima a cui mi volgo quando lo stormo
dei venti migra a sfavore. Se tu non fossi mai
arrivato nelle mie distolte regioni, avrei perfino
pensato di essere viva per sbaglio.
Invece sei passato lungo il mio argine e dove
adesso cresce un fogliame di speranza,
riconosco il tuo calco.