Cento 82
Questa poesia non è mia figlia, portatela via. Cavate gli occhi
alla croce travestita da cicogna che la recava ancora in bacca.
Se non lo farete voi, sarò io a gettarla dalla pagina, rupe Tarpea
delle parole che mai andrebbero scritte. Guardatela! Non ha i
miei rintocchi, è butterata di bulbi senza pubescenza, squarci
che arrossano sotto una spanna di catrame, gonfi come la
preparazione di un gracidio. E non ha certo il senno delle mie
mani! La quiescenza delle mie iridi, stagni che dite mari
solo per la veste, ma più fermi della fanghiglia. A volte io
stessa dimenticherei il mio sguardo se non mi accorgessi
del ticchettio delle pupille. Non ha le mie gambe: dovunque sia
stata pasciuta, ha messo fuori due rostri, gemelli di gramigna.
Non è mia. Non cercate per favore di ricondurla a me leggendone
il cordone come mappa. Non le avrei certo fatto quei burroni, quelle
stive, quei fraintesi. Portatela via, vi scongiuro. Prima che ripensi
a come l'ho avuta scambiando per amore un giogo.