Cento 88

Le tue parole sono il mio trabocco
quando mi tirano all'asfissia di una nuova
retata. Non ho commesso crimine più
grave di questo:aver stemperato del cuore
la polpa fino all'osso. Dall'ultima spina ho
ricostruito tutta la lisca, indagando  un bel
purgatorio di morte. Qui sto bene, là
conviene salire a bordo l'orlo per non
inzupparlo se il mare assale. Ho anche
trovato le branchie da cui sei entrato: due
ridicole porte che a te son bastate. Io sono
la muta della tua stagione, l'unica ciarla
sotto vetro. Sono il bricco ed il suo genio:
vorresti fosse vino per sanarti la coscienza.
Vorresti io fossi quello che mi hai dato da
bere, ma io cambio le sorti del mio contenuto.
Mi hai affidato un uncino:
scommetti che ne cavo una rosa?