Cento 93

 Scrivere, bugiarda sutura tagliente, la cura che ammala.
Io dormo artigli spuntati fino a quando ti dicono,  tiro parole
dalla pagina, punta e croce, aghi con la cruna perennemente
gravida del tuo pensiero. Non cuciono se non disfano e quando
la tua stagione arroventa, friniscono una smagliatura nella
felicità, la falce sotto la pelle, il nido sfrondato.  Un formicaio
con il tuo nome come insegna, un'osteria che serve il tuo
sangue, una cantina che imbottiglia il tuo ricordo come provvista:
questo è divenuto il mio scrivere. Malato. Barricato nel tuo buio,
sgraziato barbagianni di inchiostro,  un tarlo fra le stoviglie.
La mia poesia non andrà da nessuna parte: ha  una tomaia
di belle e nere mondine, ma un becchino per suola.