Cento 95
Allora non ho forse spurgato bene la colpa?
Sono stata capace? Ho estirpato con talento
il traliccio ormai guasto. Non cadrà più.
Non cadrà più. L'ho redarguito, punito, invitato
a cercarsi un'altra arteria a cui sbarrare il flusso
di salute. Ora mi guardano, si passano la notizia
del mio ritorno come il segno della pace, dicono
che ho ancora addosso i vestiti. Mi toccano increduli:
dove dorme il miracolo? Tutto è sano: la testa a nord
del cuore, il cuore finalmente al suo pasto: poche
carezze, un truciolo per albero, una tegola per coperta.
La pialla? La pialla? C'è forse una pialla per sgorbiare
al mio sangue il segreto? Ora sono tranquili:
ho fatto il mio devo, placido mulo che annuisce e ringrazia
al nuovo calcio. Tutto è sano: per quello che è stato,
silenzio! Non va pronunciata neanche la coda del male
che poteva finirmi. Sono scampata, io naufraga del morso
che avrebbe annegato chiunque. Mi celebrano, mi osannano,
ma la sposa è morta. Girano in processione con una salma
sulle spalle: sono un corvo, il mio volo è lutto. Mi allestiranno
una teca come nido: crederanno di vedermi là dentro guarita,
come cercassero il solletico in una bara piena.