Cento 99
A domani, sono stanca. Se non apro,
hai la chiave. Anzi due. Una prova, l'altra riesce:
è questo il segreto per esaudire una porta.
Il nostro appuntamento finisce sempre con un forse, un
roveto a cui appendiamo le possibilità ad asciugare,
il dubbio è una bella sibilla a due sillabe, un cerbero monco:
vinceremo, ci perderemo. Io ci metto gli occhi, tu aggiungi
le gambe e, ti prego, le tue spalle, la lingua.
Verranno bene i nostri figli. Ci somiglieranno all'alba:
avremo un tavolo grande abbastanza per passarci
la fame e coperte per coprire. Non allarmarti se
tarderanno: ti ho insegnato la pazienza, te l'ho
dettata. Ricordi? Tu mi volevi ancora bollente
del primo fulmine, io raffreddavo agli angoli
dei nostri incontri. Quando entrerai, non accendere
la luce, boccheggia al buio, urta se necessario.
Mi piace il passo delle cose cadute, l'inciampo
che fa l'insicurezza, almeno saprò quanta
folla ho in casa. Non parlare. Non mandare la
voce in avanscoperta. Solo trovami ed usa la mano
come segugio. Non anticiparmi più niente,
non prevedere, scommettere:fammi regali
senza biglietto.Dammi nome solo guardandomi:
cerca bene sulla pelle la marca del mio fabbricante.
Deve aver lasciato fuori una vite: il difetto è la mia garanzia.