Ch'adagio, ‘l silenzio pellegrino rumoreggi

Placido, ‘l sonnolento fiume scorre;
circostante, predomina ‘l silenzio,
in cui si v’a insinuare,
leggiadro, insù crescendo,
un delizioso canto per davver saccente,
inver ammaliante ‘l respiro del vento,
a narrar prendente primitive storie d'amor e passione,
sottratte alla spira del temp’omertoso,
solerte a smorzarle nell'oblio dissonante.

Destatosi, ‘l fiume, persuaso dal canto,
rumoreggiante, a mostrarsi s'accinge,
correndo impetuoso,
nonché tormentando sia anfratti sia rocce
scosces’e irradiate da pallidi guizzi d'un sole velato,
al fin di lambir e far propria la sponda sabbiosa.

Entro rami, s'addentra la nenia soffusa,
le foglie scuotendo e sui nidi sgorgando,
nel tiepido afflato ventoso assorbente,
alquanto ammirato, da minuti becchi,
cinguettìo sì trillant’e
comun’elevarsi ‐ di suoni
e di vers’incanto d’eccelso concerto ‐.

Dissolvendosi nel vento, s'acquiet’alfin tal canto.

Non più smaniose, or quiete, le rassegnate fronde
anelan speme di riposo
e ‘l cinguettante coro si zittisce all'istante.
Nel proprio lett’or rassettato,
placido scorre, ‘l riassopito fiume;
verso ‘l suo mar, scivola flemmatico.

Contando, a tal tard’ora, d’in sordina eclissarsi,
par mutarsi, ‘l rumor, in mormori’ossequioso,
incentivante la natur’a tacitarsi.
Ch’adagio,
‘l silenzio pellegrino rumoreggi
e ‘l tempo,
quantomeno, ad ascoltarlo si soffermi un sol momento.