Che cosa più di quell'erba
Che cosa più di quell'erba
saprebbe solleticarmi le tempie
tanto da scomporre di qualche virgola
l'imperterrito mio cipiglio,
questa smorfia del cuore
che neppure la gioia di vivere
può farle un baffo ormai
Oh, felide presagio
d'altri e più biechi orrori del genere umano
di che t'impicci adesso,
stendi i tuoi lucidi artigli accanto a me,
sulla tiepida erba di primavere distanti come le stelle
e lascia che il cielo mi scivoli dentro le vene
e ne sciacqui le anse
sí da portare a vita nuova
il sangue di figli e fratelli
caduti nell'oblio a valanghe
senza che mai abbiano potuto alzarsi per davvero,
schiacciati com'erano dal peso di un alibi,
perfetto per gli stolti
e spacciato per colpa
_nascere in luoghi di morte
e volerli lasciare per altri migliori, più giusti
intralciando perciò, la marcia dell'empio Uomo
ma verso cosa poi...
Lasciami quindi sulla tiepida erba
che ancora non cresce,
lascia che il cielo a venire mi alleggerisca le vene
prima che il sangue d'altri figli e fratelli
si mescoli nuovamente al mio.