Cinquantacinque

Odio questo mentre che ci uccide, che conosce
le nostre ossa come le avesse battezzate
di tristezza, che ci vuole martiri senza affronto
ed ingobbite farfalle dalle ali di cemento.
Odio quello che nonci diciamo per paura
che si scoperchi la follia buona di cui siamo capaci.
Se non ci avessero fatti della stessa carne, direi
che siamo due bocche che si piacciono della
disperazione in cui si somigliano.
Ma poichè ti appartengo, come fossi germinata
dalla tua anca, spillata dal tuo inguine,
non so capire come ancora sopporto il divario,
questo sterno piantato fra il tuo letto e le mie mani
a dire che il fuoco scotta e a mentire su quanto il freddo ammala