Cinque Cento Dieci

Nell'anno di mia zia immobile, busto issato
a metà, bianca bugia di resistenza, marciume
di vertebre, la lisca franata, nell'anno degli
acquitrini nei letti, di bocche nuove sotto
la Chiesa, chirurgia del guadagno, sventratura
di bastioni color moneta. Nell'anno dei fuori
programma, delle divergenze, dei fuchi audaci,
delle liti alla luna, licantropia di cuori avventati,
nell'anno dei manifesti non ancora grattati,
vincono i muli, dei cantieri accigliati,
delle gatte facili, matrioske di semi
bastardi, soufflè di miagolii patchwork.
Nell'anno dei tavoli tirati all'ombra,
quadrupedi in naufragio  di sole, nell'anno
del tuo spettacolo, la prima a poche ore,
io non sarò in sala, ma conosco la folla.
Tutta la vita mi dice  come sei fatto
e l'inguine tace, ma gli occhi hanno
le impronte dell'odore più simile al tuo,
la posa sottintende il bouquet.
Nell'anno senza più esami, dell'amica
da una visita al mese, nell'anno delle
scorciatoie e dei riassunti, io ho
finalmente capito a chi vanno costole
e fianchi.  Chè una terra arata una
sola volta con il vomere giusto
non smette la voglia di quell'affondo:
la distanza è impotente, la resa
pronosticata. Nell'anno in cui tutto si appiana.