Cinque Cento Nove
I polsi planano sui banconi dei bar, autopsia
di orologi, obitorio di pose. Sul marmo sudato
interviene un canarino quadrato di stoffa a
cancellare il sangue dei caffè, incidenti
da folla, divinazione nei fondi.
I polsi oggi parlano il tuo dialetto:
si muovono in fretta sotto i pullover
inutili all'afa, trecce color salmone
risalgono spalle dove poco prima
aggrappavano bambini.
L'ultima volta era così: etichetta
in azzurro e ventilata, portavi una
riga di grigio sotto le tempie,
incolpavi lo scambio di stagione e
lo starnuto delle palme sul lungomare.
L'ultima volta delle tue labbra è
finita con la tramontana: adesso
tutto è fiato di sole, le maniche sono
eserciti in ritirata verso nord, agli omeri
e le gambe audaci, i piedi evasi.
C'è voglia di barche fino ai monti,
un desiderio di vele che non smette
la sera, anzi s'infiamma e porta
con se la luna per mozzo.
A volte sospetto perfino le vigne,
che il loro passo si sleghi e
provi le onde, come il mio sguardo.
Nei bicchieri e negli occhi
ordinato ancora un quarto di mare.