Cinque Cento Ottanta

La tua parabola: aprirmi gli occhi.
Nuova, salvifica visuale, goccia
edulcorante, collere  e collirio.
Ma tu non sei il Redentore e
l'anima pescata, andrebbe pur
riappesa al fallo del suo guardaroba.
Costole, finimenti, bardature, tre
chiodi per accomodarle la gobba
che le spuntò nel giorno imprecisato
di un allora. Mentre due squali
sbarcano, Pollicini dietro le scie
delle crociere e dei diamanti, dai
monti viene eruttando la tempesta.
E segna: goal dell'autunno già
scartato. In regalo questo Vangelo
che mi indottrina all'acquitrino:
nelle pozze non c'è cielo,
ma la pozzanghera è battesimo
del fosso che ha peccato.
Quindi, forse, chissà, dovrei aver
allestito almeno un libro di benedizioni
che in tuo nome sfoglio, e poi sotterro:
i tesori dei bambini quasi sempre
son farfalle, violentemente atterrate
e terrestrizzate. Il mio sta metri
più sotto: leggenda, inchino, guarda
bene, reca uno stemma, ma son
più tipo da cicatrice.
Aprirmi gli occhi più non basta
se, oltre al sole, non mi insegnerai la sera.