Cinque Cento Ottantacinque
Una voce mi dice: " Scrivi e
guarisci!" Viene più o meno dal
sotto pancia, fra le braghe e le rotule,
fra il malleolo e l'inguine. Talvolta si sposta:
facendo i bagagli in fretta e di furia, risale
la china, scarrozza intorno all'ombelico,
agguanta la dorsale dei seni, poi inverte il
percorso e torna lì dentro, dove credo sia
nata, povero Mida al contrario, che ciò
che dice non avvera e non fa luccichio
e che ciò che fa non completa. La voce
è continua, di notte, di giorno, con l'afa
e con i guasti improvvisi di quest'agonia
di stagione, tossine e temporali, poi sole,
poi barche e vele e quella sguaiata tovaglia
di motori che graffiano il mare per dire
" ci siamo". La voce è regina, ape, zanzara,
poi mosca e cicala o forse è soltanto un grilletto
venuto a premermi la vita, come fosse un'esalazione
malvagia, una cattiva genia da imbottigliare, conserva
andata a male, inficiata dal botulino della disattenta
chiusura. Ecco, dovevano trattenermi ancora là dentro,
là sotto in quel giorno lontano e fare un po' come si
fa con i cani quando vengono trattenuti dal rincorrere
una similare accozzaglia di peli. Tumularmi, che so
imbavagliarmi e buttarmi di nuovo nel liquido antico,
oppure sciogliermi meglio, rimpastarmi, frazionarmi,
centellinarmi. Invece: puff! Fuori di botto, con la pelle
ancora intontita dal cambio di sede, dalla scoperchiatura
del ghetto in cui potevo essere tutto pur essendo nulla.
La voce anche oggi mi ha dettato la posologia:
se vado oltre le dieci righe, la schiena raddrizza, il
dolore asfissiante fra le ali mancate ed il cuore
mozzato, poi quasi scema, si acquieta.
Bugiardino bugiardo! So già che fra un'ora,
che dico anche meno, tornerà a bussarmi
le tempie con uno spaccio furtivo di parole
a dosi: l'ispirazione che pusher! Passa e
ripassa, poi smania, astinenza, poi paura .
Di vergognarmi di questo bisogno che non
fa altro che ammalarmi di altro bisogno.