Cinque Cento Ottantanove
Un giorno non verrai da me: causa improvviso
turgore comparso su una piana dopo un non
ben noto scambio epistolare, casuale mortaio
di sguardi. Francobolli come ovaie e l'ovulo
una tessera quadrettata, forse un tasto,
un urto all'uscita di un bar " prego, prima lei".
Vorrai che capisca. Come potrei. Un giorno, io
sarò forse novembre e tu una prugna, mi ricorderai
di tutto il tempo che avevo avuto per riempirti le
ossa laddove i setti vacanti, potevano dar adito
ad ambiziosi commissariamenti di pelli più
disposte della mia, furbe matrici di nuovi tessuti.
Quello stesso giorno spero di indossare meglio
la mia carne, di restare sana e dritta, un'asta
rasata dalla bandiera. Non serve per forza un
morto per stare a lutto: ci sono neri che ti
incartano il cuore e lo fanno seppia,
nascondendolo come l'infante nato deforme,
inguainato agli sguardi nel fondo della cuccia.
Ci sono neri senza bara, senza preci, si può
occupare un loculo anche da vivi, farlo con
la stessa compostezza che se si fosse
stesi, castrarsi così bene da credersi
già andati. Comportarsi come sotto terra:
ben disposti al verminare ma con il sangue ancora caldo.