Cinque Cento Ottantaquattro
Sono tutta dolore. Il mio sorriso?
Uno spauracchio sull'arrendevola
compagnia della pelle seminata a
danni e a costrizioni, rimpinzata
per tempo di acqua in cui fu
disciolta, curativa, l'effervescenza
del buon senso. Ormai niente
può beccarmi, bacarmi od ararmi
in controsenso: i revers dell'aizzamento
spiccherebbero molesti, tanto oro sul
letame, luccicherebbe più del rame
e della luna. Sono tutta dolore: mi squamano
via le frenesie, un'opportuna rasatura corre
contro ogni capriccio, succedanea a certi
obsoleti rinverdimenti. Dove passa l'autunno
non può più giocar la primavera e quale
orrore spezzare all'inverno il collo
con una forchettata di calura!
Mi hanno frazionata e rimessa in sesto:
adesso in verità sono tutta un ticchettio
da fresco rimessaggio, mancano certo
la doratura ed il nome sulla fiancata.
Poi il varo, la schiusa della bottiglia
lanciata al volo che puzzerà più
di un uovo andato a male.
Sono nuova e post tagliando,
scemata la tempesta, raffinata
dalle scorie, balugino come la
capocchia gufina di un bel faro
che fra le onde dice
dove è solo notte o dove è terra.