Cinque Cento Ottantasette

In fondo due occhi così, accesi di rado,
spiccioli blu nella tasca delle orbite
adulte, li trovi dovunque. Stanno spesso
appesi ai giorni e nemmeno forse ti accorgi
di come ti guardano, di come ti risalgono
le spalle, koala di ciglia ben pettinate e
verdi, giovani ammiccamenti.
In fondo due mani con questi dossi
di desideri mai spianati sono più
commerciali delle mandorle ingessate
di zucchero nei weekend da paese,
da elio e da fiera. Se ti porgessi, ti
concedessi, anche solo per caso, le
troveresti dovunque, appoggiate, affamate
della tua pelle, intente ad un gesto che
indossa la sera e la rende già letto.
In fondo due gambe tanto insicure del
passo stanno quasi ad ogni angolo,
moncherini e protesi oscure, falene
che affittano in anticipo l'ombra.
Ma non avresti mai questo bagaglio,
più o meno insaccato al di sopra
del ventre, scatola senza l'inscatolato,
scaduta all'insaputa del best before,
multato ed  abraso. Questa strana
formazione è solo mia: gabbietta da
strillo, cilindro senza coniglio, incasso
da poco, caveau deprezzato.
Pensa che tutto il sistema d'improvviso si
è messo in moto per farsi notare, pavone
e civetta: ha tintinnato agli occhi, ordinato
alle mani, urlato alle gambe. L'ominide di
latta e " poi vengo"  si è incamminato
marciando al tuo odore, fragranza di impronte
che dal tuo cuore vengono via come piume
dalle colombe dopo il volo, transazione
a favore del  cielo,  o come i semi scrollati
dagli alberi  alla fine di un temporale.
Quando pare che le chiome si spidocchino
volentieri, scimmie verticali ed immobili,
progenie di una specie infilata in tutte le altre,
microchip da eclissi, arcigno pro memoria,
endogeno taccuino inalato per ricordare
di quale morte, infine, un po' tutti moriamo.