Cinque Cento Otto

Sposarmi di Maggio o d'Agosto:
in coda va bene,  nelle rondini
la desinenza  a faccia di boomerang
è timone e destriero.
La fine, se pari,  è rotondità familiare,
una savonarola in capriola, una
cuccia spenta, culla e coperta,
il gheriglio a riparo. E' che di quando
sei nato io mi chiedo la voglia
e come cantava tua madre, se il vento
trottava nell'inguine del sessantasette.
Tu mi prenderai la mano, abbiamo
provato: certo non c'era nessuno,
testimoni tre onde, le nostre schiene
le panche e per altare la gola,
ma è strano trovare il proprio
incasso lontano, l'assenza di ulivi
irrilevante, innocua la dimestichezza
con argini che non hanno lampare.
Sposarmi: gli oleandri assopiti,
disinnescato il loro talco, orologeria
velenosa, bizzarria di tornanti, aculei
di palme, arruffate verdi, ti insegno
le strade sboccate dallo stesso
torace, due braccia avvitate,
snodabili nel  manichino di case.
Sposarmi  col passo di tutte le
sere, quando le lucertole lasciano
il posto ai draghi e sui tetti
vanno a piedi le stelle.
E le fate.