Cinque Cento Quarantaquattro

I miei meccanismi di difesa.
Si, editi  o anche non. In piedi,
va bene.  Prendi nota, ma in fretta:
così cambio la forma, come il cielo
imbusta Marzo, coniglio del mago,
camaleonte, turbina, veloce, abbaglio,
stortura, una nube, poi sole, poi scroscia,
rigetto e dai tuoni nessuna divinazione.
Non so farti da spalla, ma lussare
questa passione si,  sono perfetta,
non so curarti dalla mia infezione
con metodo sano, io posso solo
aggravarti, come al mulo  riempio
la sacca a carico giallo e lo avanzo
già stanco su nuovi  gradini. Toh! Sfusati alle grotte,
due chili di battagli per una campana,
di solito in vetro e a forma di cello,
di bacca, di squama. Così io ti appoggio
addosso il mio non saper stare senza.
Di te, oltre te, dopo te. Ma prima com'era?
Ah si ricordo, ed inorridisco. Tre volte caduta
tre rialzata, l'ultima folle quanto una prigione
di cui si conosce la toppa, deflorata dalla
giusta chiave eppure si condanna l' inappropriato
amplesso delle due per l'ora d'aria.
I miei meccanismi di difesa: sfuggirti,
provarti, rodarmi alla tua pelle  ma poi
stazionare e farmi stanziale, dire fredda,
meschina la migrazione , dondolarmi
quindi nella stessa stagione, nell'antico
cruccio e , valutando il passaggio,
la portata e lo stormo, tenermi a distanza
per non prendere il corso, la scia,
lo schiaffo di vento che corregge
ogni vela dall'assurda pigrizia.