Cinque Cento Quindici

Il sole, creatura sudafricana, issato
a prua guarda le stelle ancora
sotto coperta: gatto e zitto,
per non svegliarle, che non è
ora di luccichii minuti.
Dai giardini  vengono ali,
tovaglie a scacchi bronzei
ed una maratona di api con
la bocca piena come un secchiello,
bambine in riva alla primavera,
gialle sensali dell'impollinazione.
Tutta questa folla  che parla e
ride e mastica la domenica rosa,
tubercolitica già alle quindici
per il lunedì infiocchettato,
al primo banco della settimana,
tutta questa folla  non sa dove
ci amiamo o non suppone
la serratura. Della sera con
il pelo novembrino ed il mosto
incandescente, in cui ti spiai
e riconobbi tra le tue dita
il mio stesso pasto orizzontale.
E spalancando la fame ti infilai
la testa fra le braccia con la
consuetudine del filo che
va verso la cruna, seducente
lucciola argento la calamita a cappio.