Cinque Cento Settantotto
Oggi bado alle mie ossa e al loro santo
pedigree: per troppo tempo ho reso omaggio
ad incassature che credevo superiori.
Zincature a fuoco. Oggi onoro il mio bacino,
la forchetta delle costole ed il vassoio in cui
si frigge, cottura antica, il rosso pappagallo
con cui tutte quante impilate e bianche, sempre
loro, le mie ossa, in una fossa, fanno muraglia.
Oggi consacro la plancia che dallo sterno alla
caviglia non dice figlia nè alla foglia nè alla faglia.
Così austero questo altare che di preghiere
non ha bisogno, ma di una ninna nanna e di un moccioso
per candela, per stoppino il capello che sotto il pettine
non farà l'inchino, un ghirigori di poche cellule che
somiglieranno chissà poi a chi. Chè non ho capito
in quale forma si insedierà la colatura e per rapprendersi
la faccia di chi indosserà.