Cinque Cento Uno
Mi preferisco. Anche se ho
paura: la paura mi fa simpatica
come la plastica quando ci imbusta
la vita. Mi preferisco anche tremando
fra i tuoi monti e le spalle amore
mio su cui sento sbattere il tempo
dei navigli che raccontarono mio
padre ed i suoi giorni di fama,
acquerelli e sottigliezze.
Risacca nebbiosa, granulosa
ed ecrù. Mai stata lì, ne altrove:
i rosoni restano incolti sulle
Chiese del nord e la terra è
piana e ancora forte, livella
di semi e radici, architravi ed
assi, teatri, pose, mestieri.
Mi preferisco anche così:
la pelle ha sapore perenne
di fusa e di reti, di scogli,
tovaglie e presse.
E per quanto tu l'abbia
mescolata, mantecata alle risaie,
alle risse di fine pazienza,
alle mattine cicatrizzate in
testa, alla filigrana in grandine
sulle passatoie dei campi,
lei è fiera e con la faccia di
sole e poche medaglie,
si tiene stretta la bugia
di poterti somigliare solo perchè ti ama.