Cinque Cento Venticinque
Non conosco le tane di questa
larva, non so come prolifica
il suo vivido baccello e quante
porte infila il seme. Non ho pazienza
con i gerani, e le foglie, per quanto
belle, non solleticano le mie carezze.
Dagli alberi mi ritraggo se scopro
nell'ora di punta la velocità
del formicaio. Rintano dalle ali
con la timidezza delle lumache
ed il guizzo della lepre: il mio
coraggio è fermo al mercoledì,
do ai venti la schiena e la
faccia alle sentenze.
Ma ho gli occhi impasticciati
con la prua di un'astronave,
nove mesi all'atterraggio,
sogni e molti nomi in lista
per l'imbarco. Sono colei
che crede le doglie simili
alle fasi della luna e le
stelle miracoloso mentolato
per zittire alle carni i teneri rossori.