Cinque Cento Ventuno

Ho scritto di merletti e cesoie,
del cuore incassato nell'albo
sbagliato, di messe a fuoco
sulle dita dei monti. Ho scritto
della balbuzie del sole a Novembre
e della dose di pioggia che
si confà alla mia schiena.
Ho declinato lacrime e
complimenti intorno ai veli
e alle spose, ma sono un
gambo nella crinolina,
stantuffo a giorno,
vergogna del cilindro.
Ho scritto dei giardini spolpati
dalle vanghe, di vene infilate
dal vento, di tristezza a ritorno
stagionale, influenza in polvere,
di femori e diaframmi, di ossa
in ammutinamento, di pelle
e fuscelli. Ma la verità è che
dovrei solo sedermi a fare
esercizi sopra il tuo nome,
drizzare bene le lettere mettendole
a faccia col mondo, povere
streghe rannicchiate
per non dare fastidio.
Ognuna stuoino della bugia
e stoppa per la bocca
di chi non vorrà leggere.
Nome, cognome, segno zodiacale,
città ed occupazione, vicende
del corpo, incidenti, cicatrici,
carezze, lussuria, migrazioni
e svogliatezze.E poi ancora
l'ora della nostra prima parola,
il mese del bacio, l'anno del
tuo fianco terrazza del mio.
Allora si che verrebbe a letto
una bella poesia, amante
disposta e paziente.
Perchè così, storpia festa
di impostori che prendono
con garbo il tuo posto,
è solo una carnevalata e
lascia macchie che non
suggeriscono una falla
nel bricco da cui sono venute.
Forse dovrei aggiungere anche
il tuo numero di scarpe,
l'altezza, l'apertura alare
ed il fiuto: fare tutta una poesia
di losanghe, angoli, perimetri
e cifre ma inetta alla conta che avalla i nascondigli.