Cinque piume di luce. E sei

“Nella notte dicendo il grazioso sogno
silente, seduta in quarantena” Libellule
diafane si snodano dai lacci
‐ le parole ‐
e danzano su labbra esili di giunco
appena mosso da dita di brezza
su pianoforte
a concertare precocità di valzer
di castagni, autunno. “Tu resta, che non manchi la tua ombra dalla mia
testa di girasole” Diapason di minuti
a scandire campi di grano e canti di cicale,
monosillabi di voli contorti intorno al lume
sulla scrivania
dove voce d’avorio ripete
lunga litania di Digesto
asfittico nella gola. “Il calice misurato della mia età
è il taglio amaro di un amore ribelle” e traccia sullo spartito
note
con unghie di tempesta.
Recide cordone
avvolto stretto
intorno a lune che piangono primavere
disciolte in grani di zenzero, sette sulla pelle. E mai si colma la misura del gran bene
che non puoi raccogliere nel cavo delle mani
a traguardare
il capolinea di un abbraccio
e del silenzio bianco
dei gelsomini, a maggio.
Intensi. “Resta, nella curva dell’ultima fine
con il vento che cavalca da solo”. E mi sarai compagno muto
e senza ciglia,
cadute piuma per piuma
lungo la strada
ombrata di giunchiglie
a fare festa
in coro di ultima orazione (semi
sparpagliati
nella bocca livida di vulcano
che li trasforma in rose). “Mio cuore, cinque piume di luce salite in alto”. tra i fumi devastanti di un ricordo
incaprettato
al baluginare senza orpelli e trine
dell’ultimo sorriso
a labbra strette,
forse già presago
del lungo, bugiardo arrivederci. 23 luglio 2005

*I versi virgolettati sono tratti da "L’albero spoglio dell’autunno" della poetessa iraniana Anahid Baklu.