Arde nel silenzio
e divora onde di soffice
sabbia. Io sono in lei
infinitamente breve,
un eco riflesso nello spazio
di poche lettere.
Un sanatorio diventa la stanza,
appena il movimento si consuma
verso l'infinito.
Questa immobile bica
reca in sé il peso del mondo:
ricade sulle spalle di chi guarda.
Non ho che qualche
secondo per ricordare
il mio nome.
Poi, nulla.
Bello il riemergere
confuso il sogno,
nel colmo limite
della mano, che recede:
trattiene altro, nelle
striature di vetro che
assorbono la tua voce.