CLXIII

Quando ai miei occhi il molo si para
tutte cose, tosto,  cervel connette
e ognuna al posto giusto rimette
e quel di prima e quel di poi separa.

Di dosso scrolla ogni residua tara,
mentre occhio contempla, mente riflette
e d’ottobre mi porta a quella notte
e a nonno steso in quella fredda bara.

Tutto annienta la tormenta: uomini,
animali, gli alberi, case  e  cose
e son lutti miseria e sofferenza.

Ma  carità che non tiene confini
pietosa, il manto della sua clemenza
sul nostro capo, per pietate, pose.