DUe Cento ottantasei

Il mio nome ha foggia di pianura
a metà della quale una "i" si alza
impettita a far rilievo, un peduncolo
sotto la pelle, è da vescovo il puntino
sulla testa, arranca al pulpito per
leggersi, sta al centro il vino nero,
nella pancia del bicchiere. Se non
ci fosse lei, banditrice snella, tutto
avrebbe la stessa altezza, piallato
dalla pacatezza di sei fiocine smussate
che non sanno più il bersaglio. Io mi
chiamo come sapete, ma mi dico poco,
vorrei perfino tacermi, se fosse possibile
non sentirmi più  pronunciare, forse pagherei
per questo incanto. Di lasciare quei sei
denti   tutti là a recitare muti la parte
della fame, a mimare l'appetito
che nessuno sa indovinare.