Del nostro andare obliquo
Si sfilaccia l’assurdo
di un dirsi
col pensiero
la fame di azzurri alati
trasvolati insieme
in abbandoni subacquei
alle onde
che musicavano
il nostro andare
di delfini sognanti.
Troppo popolato quel mare
di uguali destini
nel cui cuore
già batte la morte.
Non c’è più posto
per annodare
le fila del nostro racconto
a quei silenzi acquamarina,
a quel mugolare di stelle narcise.
Eppure
avverto che tornerà,
sì tornerà
alba nuova
a cancellare questa notte
sanguinante
di verifiche incatramate
e ogni spina di oggi
forse
fiorirà di nuovo verde
a trapuntare
i prati innevati
del nostro andare obliquo
per forre e dirupi
di cieli.
(Non c’è religione senza speranza)