Ci sono le ciarlerie futili, gli
spazi vuoti, le passeggiate inumane,
i vetri rotti e le vitali appese ai
chiodi arrugginiti. Le pareti
scomposte filtrano luce che bagna la
stanza, appena un po’ umida.
C’è l’ottone che accompagna la
marcia, un manico d’ombrello
dentro il pantano, la loro presenza
annunciata da un’ombra di fango.
C’è una ragione dentro il colletto
della camicia buona che non so
lavare via, il ricordo di un viaggio
programmato da molte vite, una
fotografia di te umana, mite.
Ma bisogna spiegare senza dire, e
bisogna che ci sia la giusta
distanza dentro
questa nostra piena identità.
15 dicembre 2011
Altri contenuti che potrebbero piacerti
Nei libri degli altri trovo me stessa, nelle mie parole mi perdo.