Di quando sono sola alla finestra
E’ grande il vento questa sera, come una palla d’oro mi contesta il seminato bianco delle chiese, mi scopre il viso di tutti i filamenti vergognosi che le mie mani hanno cantato in pegno
e trascolora il fumo sceso di singhiozzi sull’ingresso vuoto, lo muta in candidi cristalli, in ghiaccio che disseta e lascia un sentimento azzurro tra le vene.
E’ buio il vento, tiene pertugi aperti dappertutto
‐ dove non so vedere ‐
la palpebra è socchiusa e cerca l’aria quieta di risacca raccolta al molo passeggero di un ricordo perduto sottovento.
Tu hai la pelliccia sbottonata di pane e di sudore rotto a un ormeggio, così mi sei scappato quando guadavo un segno al fiume in cantilena disattenta sulla soglia e non mi copri più né gli occhi né le labbra, sei incauto vecchio solitario, lupo da morderti all’androne sopra le zampe consumate grigie senza stenti.
Io mi pulisco al vento e non mi curo del tuo sapore di betulla amara, ho quel profilo di bambino sulle dita, in punta di perdono, ho la caduta delle foglie tutta da guardare, un film gelato al passo breve tra me e la calura di un tedio delizioso
il mio ventaglio chiuso nel cassetto
i giorni, i giorni ancora, il vetrotrasparenza intatto
del respiro.
24 dicembre 2006