Disegnatore di case

 

Premessa

La terrazza di casa mia (a Reggio Calabria in via Italia, quartiere Santa Caterina, dove ho vissuto fino al conseguimento del diploma di Geometra) e la passione giovanile per il disegno hanno ispirato questo componimento, fedele resoconto in versi di alcune tra le più belle immagini che ho nel cuore.
Aggiungo, ma solo per completezza di informazione, che nel più bel cortile del mondo (quello della palazzina dove abitavo io) all’età di 10 anni incontrai un geometra intento a seguire dal vivo i lavori per la costruzione di un garage. Quella chiacchierata con l’uomo in cravatta, qui non esposta, mi fece innamorare di quel mestiere. Questa poesia vuole essere il ricordo di un sogno inevaso. Poi, infatti, la vita mi ha riservato altro, ma questa è un’altra storia…
Aurelio Zucchi (Roma, 11/06/2009) 
*
Ricordi ancora quelle belle volte
quand’aspettando il fine primavera
o la fanfara della festa estate,
staccavi scaglie di meriggi al giorno?

Salivi, con la palla ed un fratello,
per quei gradini che contavi sempre,
le rampe di riverberi e fragranze
e su quei muri si segnava un nome. 

La vita era di mille vite insieme,
pistacchio e cioccolato a far la torta
che panna e frutta sormontavan tutta.

Poteva capitarti un pezzo grande
o il poco che giustificasse il gusto
e succedeva che in quella fetta
neanche l’ombra della bianca crema
od il color di fragola o ciliegia!

Ma poi, appena quella era ingoiata,
tu t’accorgevi ch’era pure buona
e, al diavolo, se per una  volta 
il caso favorito non ti aveva.

Lasciamelo dir,  la tua terrazza
era a dir poco un po’ particolare
qual campo noi da gioco pensavamo
su un mattonato di seconda scelta
pieno di gobbe ed indecenti crepe.

Ma come facevate, tu e Antonello
a tirar sempre quasi rasoterra?
D’accordo, tu eri già un po’ calciatore
ma lui …. che undici anni aveva appena?

Quando alla fine stanco si sedeva
o per falso dolore si lagnava, 
per te era segno ch’era giunta l’ora
della merenda che giù l’aspettava.
Te lo prendevi in braccio a spupazzarlo
e insieme guardavate il vostro mare
e quindi, giù, correndo di gran lena
a riportarlo al covo interno 6
dove qualcuna l’aspettava fiera
con nella mano pane e mortadella.

Tu invece lesto sopra ritornavi,
stavolta a due a due i tuoi gradini 
che sempre tutti bene ricontavi
per il timor d’averne perso uno.

Lasciavi l’uscio d’abbaino aperto
e t’affacciavi al vento e al parapetto
dal lato di quell’ultimo tramezzo
e da gendarme perlustravi il porto.

Confessa, maledici quel palazzo
che alto, troppo alto, t’impediva
di buttar l’occhio pure sul naviglio
verso quel molo nell’aperto mare?

Chissà le quante volte t’hanno chiesto
qual è il mestier che tu vuoi far da grande?
Il pescatore o il marinaio oppur
del faro più lontan sarai guardiano?

Disegnator di case voglio fare
tu rispondevi e non avei dieci anni,
e, via, cucine letti sale e bagni
tracciati e ritracciati sui quaderni
per poi strapparli in mille e mille pezzi
se una misura giusta non tornava.

Poi nella vita tu hai fatto d’altro
così come la vita t’ha permesso
ma, per favore, se lo vuoi, mi tiri
planimetrie perfette dal cassetto,
con tutte le finestre della casa
rivolte al mare che da quel terrazzo…?

Poesia vincitrice del XIV Concorso Internazionale di Poesia “Il Saggio‐Città di Eboli” (Eboli 31/07/2010)
Mensile Il Saggio 08/2010
Menzione Speciale I Ed. Premio Thesaurus Sez. inedita “Trofeo Salvatore Quasimodo” (2012)